GENOVA.25. NOV. Il 25 Novembre è notoriamente la Giornata Internazionale contro la Violenza sulle donne, data non casuale, volta al ricordo del brutale omicidio perpetrato nel 1960 nella Repubblica Domenicana, all’epoca sotto la dittatura Trujillo, ai danni delle sorelle Mirabal, ritenute “Rivoluzionarie” e per questo torturate, strangolate ed infine gettate in un dirupo per dissimularne l’assassinio.
Istituita dall’Onu con la risoluzione 54 / 134 del 17 Dicembre 1999 costituisce la giornata in cui banalmente si enunciano progetti promettenti, in Italia quasi sempre vuoti dal punto di vista della risposta sociale.
Proprio oggi Mattarella dichiara “Contrastare la violenza sulle donne è un compito essenziale di ogni società che si proponga la piena tutela dei Diritti Fondamentali della persona”. La Boldrini, più realista e palesemente sensibile alla questione, asserisce invece che non bisogna abbassare la guardia”.
Valutiamo infatti quale sia la situazione nel nostro paese.
Secondo i dati Istat di giugno 2015, 6 milioni e 788 mila donne nel mondo, durante la loro vita hanno subito violenza fisica o sessuale. Sono certamente dati preoccupanti, di cui gli operatori sociali quasi sempre ravvisano la causa nell’eterna disparità di genere. Più raramente si riflette sulla “radice” della “causa” che è culturale.
In effetti, in un paese schierato a contrastare l’integralismo islamico, raramente si ammette che proprio nella nostra società che al resto d’Europa si pone come “evoluta”, siano radicati gli elementi di una struttura sociale arcaica.
Basti pensare che il Delitto d’Onore, retaggio del Codice Rocco, in vigore durante il Fascismo, è stato abolito dal Codice Penale solo nel 1981. E che nell’immaginario di molti, la donna sarebbe ancora una sorta di “essere non senziente” su cui rovesciare frustrazioni ed altro. Come se vigesse ancora il Manus, alla stessa stregua dell’epoca romana.
Le numerose campagne di sensibilizzazione sull’opinione pubblica, nell’ultimo decennio hanno ad ogni modo prodotto un ribaltamento dal punto di vista giuridico e giudiziario. Qualora non si potesse in alcun modo prevenire la violenza, le attuali leggi Italiane tutelano pienamente una donna, esplicandosi attraverso un eccellente operato delle Forze dell’Ordine, un’accurata successiva valutazione da parte della Magistratura. Tuttavia sul piano del supporto sociale il meccanismo difficilmente funziona.
Mi rivolgo alle donne: con più coraggio e fiducia bisognerebbe rivolgersi alla Polizia od ai Carabinieri, proprio nell’ottica di ottenere un riscontro fattivo per la propria incolumità fisica e psicologica, invece di attardarsi in lentissimi appuntamenti presso i Centri Anti -Violenza che si configurano come associazioni di donne, che sussistono quasi sempre grazie a fondi provinciali o regionali, presso cui prestano servizio assistenti sociali, educatrici, psicologhe, avvocati donne nel tentativo di supportare le donne che vi si recano, insegnando loro sì a distinguere l’amore dal “malamore”, ma infondendo loro un certo senso di “inadeguatezza”, dal momento che solitamente l’impostazione dei maggiori Centri Anti-Violenza risponde ad un criterio secondo cui la donna deve sviluppare “consapevolezza” ed “autodeterminazione”, come se la realtà di un crimine fosse relativa.
Quasi fosse un’analisi new age dei reati contro la persona. E raramente poi i Centri Anti- Violenza si presentano in Tribunale a testimoniare di aver supportato la donna X. Nell’estendersi di questo ulteriore calvario, probabilmente il compagno violento avrà sicuramente reiterato i propri atteggiamenti aggressivi e la “malcapitata” presenterà un dolore morale e fisico in più che nessuna operatrice del Centro sarà in grado od avrà voglia di curare.
In Italia occorre effettuare un rilevante distinguo, tra il reato di stalking, art.613 bis codice penale ed il reato di maltrattamenti in famiglia, articolo 572 codice penale. E qui si aprono nuovi scenari di complessa difficoltà.
Con il primo, dal termine inglese “to stalk “, ossia “fare la posta”/ “braccare la preda”, introdotto dalla Legge n°11 del 23 Febbraio 2009, si intendono tutte le condotte persecutorie (messaggi e telefonate continue, controllo…) verso una persona che interferiscono nella vita privata della stessa, alterandone le abitudini al fine di proteggersi dal “persecutore”. E possiamo asserire con forza che in Italia abbiamo una delle migliori leggi al mondo sullo stalking.
Ed ancora, qualora si provasse timore nell’esporre una querela nei confronti del presunto “stalker”, è doveroso sottolineare che l’art. 8 del D.L.23 Feb. 2009 n° 11, prevede l’ “Ammonimento del Questore”. In pratica ci si può rivolgere alla pubblica sicurezza, recandosi presso un Commissariato, o una caserma ed chiedere di effettuare un “Ammonimento” nei confronti dell’autore della condotta persecutoria. La richiesta in tempi brevi viene trasmessa al Questore che valuta il da farsi.
L’ammonimento è orale. Il Questore, attraverso le forze dell’ordine, ammonirà lo “stalker” invitandolo ad astenersi dal protrarre comportamenti persecutori. In alcuni casi può essere predisposto che il “persecutore” si mantenga a 100 metri di distanza dalla persona che considera la sua preda.
L’Ammonimento è stato oggetto di alcune critiche, perché chiaramente presenta dei limiti, tuttavia si configura come un ottimo provvedimento. Chiaramente non è attuabile quando la donna richiedente voglia difendersi dal proprio compagno, reo di atteggiamenti dispotici, laddòve siano presenti figli minori. Qui il reato viene classificato come “maltrattamenti in famiglia”, 572 c.p., per l’esattezza 11° capitolo del secondo libro del codice penale, dedicato ai delitti contro la famiglia. Ed in effetti in molti, tra cui lo stesso Pisapia, Sindaco di Milano ma innanzitutto Avvocato, ha obiettato che ” … sarebbe stata più opportuna la sua collocazione nell’ambito dei delitti contro la persona…”.
Qui emerge la nota dolente che inibisce molte donne nel trovare il coraggio di denunciare! Laddòve la violenza sia intrafamiliare, alla presenza dei figli minori (reato di violenza assistita), la denuncia passerà non solo attraverso il Tribunale Ordinario, ma necessariamente anche per il Tribunale dei Minori.
E qui scendono in campo le figure che meno amiamo: gli assistenti sociali. Ed in Italia davvero è difficile stimare e fidarci degli assistenti sociali, dal momento che a differenza dei Paesi a nord del UE, come l’Olanda, la Svezia, in Italia quest’ultimi non assolvono ad un’azione di “assistenzialismo”, bensì si sovrappongono quasi alla polizia giudiziaria. E se pensate che supportino una donna e madre maltrattata, i dubbi salgono. Le diranno che è stata debole, esponendo i suoi figli alla violenza assistita, tipo di violenza riflessa che certamente può produrre degli effetti molto gravi nel comportamento di un minore, ma che una donna sia sottilmente indotta a sentirsi “colpevole” e “responsabile” per i maltrattamenti subiti, costituisce un ‘ulteriore umiliazione.
Emerge anche qui lo spettro del delitto d’onore: si attrae la violenza perchè si è donne deboli. Un pò come in Nepal, in fondo, dove le donne vedove sono ritenute foriere di sventure, in quanto responsabili d’aver attratto la “morte ” sul proprio consorte. Qui a differenza del Nepal, non verremo bruciate vive, tuttavia il potere conferito agli assistenti sociali, spesso sfocia nell’abuso. Recentemente Strasburgo ha condannato il Tribunale dei Minori di Torino perché alcuni assistenti sociali un decennio fa hanno compromesso il legame familiare tra una nipote ed i nonni. E solitamente le Donne con figli prive di risorse economiche, per disposizione degli assistenti sociali, vengono trattenute in comunità od Istituti Religiosi per mesi / anni, adulterando uno stile normale di vita.
A fine giornata 2015 contro la violenza sulle donne possiamo domandarci come, una donna maltrattata con prole, in prospettiva di un futuro di restrizioni controllo da parte degli assistenti sociali, possa trovare trovare il coraggio e la serenità di DENUNCIARE il compagno maltrattante? Io dico che potrebbe accogliere il prossimo schiaffo.
Forse dobbiamo cambiare o migliorare l’organizzazione sociale in Italia. Le forze dell’ordine già svolgono un ottimo lavoro ed il proprio operato potrebbe essere convertito ulteriormente anche in una forma di “supporto sociale”. Ma nell’ottica di una fattiva tutela di donne maltrattate, minori che hanno assistito alla violenza, anche uomini e padri da recuperare, credo che questo tipo di assistenti sociali, tra l’altro laureati in giurisprudenza, non in pedagogia o qualche altra materia sanitaria, utile al fine di contrastare gli effetti traumatici della violenza, debbano effettuare un percorso diverso per poter megli interagire con le parti e fare il loro lavoro di “assistere”.
Romina De Simone
L’Onu sulla Giornata contro la violenza sulle donne: http://www.unric.org/it/attualita/27169-onu-giornata-internazionale-per-eliminazione-violenza-contro-donne-conferenza-stampa
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Leggi l’articolo originale: Violenza sulle Donne. Le leggi ci sono ma…