GENOVA. 9 APR. Come tacitare l’ansia, la perenne apprensione che quotidianamente ci avviluppa? Come ricostituire quel tassello logoro che connette e riconcilia il nostro essere individuo (non-diviso) con l’ homo planetarius, entità astratta, perfettamente armonizzato con la nostra Società globale?
Nella sempiterna, quotidiana lotta tra impegno e risultato, tra vero e falso, tra la nostra ragione e quella degli altri, misuriamo il nostro tempo, stritolati da un meccanismo indomito e frettoloso di cui abbiamo smarrito il codice di spegnimento.
Viviamo in una “Società narcisista” (v. precedente articolo) dove tutto brucia in fretta, si consuma veloce in nome di ideali anti-sociali e consumistici, di un individualismo economico da homo sapiens-demens.
Non credo di sbagliare (tuttavia lo spero) nel constatare, tra l’altro, quanto oggi il dialogo non si nutra di spontaneità né di genuina curiosità; né si attribuisca ad esso un valore esperienziale degno di nota.
Costi quel che costi, la silenziosa conquista di un peso sociale pare essere l’unico obiettivo ponderale sensibile, tale da riconoscersi e solo in esso rappresentarsi.
E’ il principio “maramaldo”, per antonomasia arrogante e vile, che tende a sopraffare e prevalere su tutto e tutti; un principio sotteso, non di rado, ad una costituzione individuale di fondo inadeguata e meschina, tutt’altro che renitente e competitiva.
Malgrado ciò, indugia e permane in noi, a tratti, un latente ed irrisolto desiderio di “sanità delle prime cose” (cit. D.Campana); cose assolute, valori insostituibili nella loro essenza, cui dovremmo e dobbiamo protendere, riponendo verso di esse, nel contempo, ogni inutile contrapposizione.
Giusto per tentare di ricomporre e colmare, anche solo in parte, il vertiginoso crepaccio, la declive voragine tra l’io e me stesso, tra noi e il resto del mondo.
Massimiliano Barbin Bertorelli
Leggi l’articolo originale: L’idea della sopraffazione: il principio “maramaldo”