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La simbolica scelta del protagonismo

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Omar Sharif, protagonista

Omar Sharif, protagonista

GENOVA. 5 MAR. Non è mai scontato il buon fine della volontà. Tuttavia, è lecita l’aspirazione dell’uomo, nel suo quotidiano esercizio, non solo di partecipare, bensì di essere il protagonista della propria vita (per paradosso, più facile esserlo di quella altrui).

Altrettanto comprensibile è l’idea di insignirsi di un sigillo di autenticità ed originalità, a rendere inconfondibile ed inconfrontabile la presenza.

Malgrado ciò, non ci si senta offesi, se alcuni, pur senza titolo, ci attribuissero conformismo:  sono entrambe realtà, parlare senza titolo e seguire un cliché, diffuse e datate quanto l’uomo.

Tali realtà, in modi differenti, imprimono una visione riconducibile al gruppo ed aggregata al simbolo. Parimenti, anche per pura casualità, esse ci consentiranno di tagliare, comunque vadano le cose, qualche traguardo. E, dato imperscrutabile, ciò compenserà parte dei nostri sforzi.

L’idea e l’ideale di non cadere nello stereotipo, nel gorgo del luogo comune, il timore di soggiacere ai tanti condizionamenti cui siamo esposti, rappresentano comunque una testimonianza presente, pertinente e, talvolta, disperata.

Essi attribuiscono plusvalore al discostarsi dalla “logica di massa”, che talvolta assume, però, manifestazioni di artificiosa stravaganza e di pseudo-contravvenienza alle regole.

Ogni fenomeno rientra comunque a pieno titolo, e ben si concilia, nella cultura del proprio tempo e nella polisemia del termine individuo.

D’altro canto, siamo tanti su questo microscopico pianeta per non sorprenderci di assomigliarci, a turno. E per non ripercorrere, anche inconsapevolmente, vettori di pensiero già consolidati e precostituiti.

Purchessia, tale assieme non esclude a priori la libera espressione del proprio sé: non è infatti la specie, non le regole, non l’appartenenza ad impedire l’originale deflusso dei pensieri e l’esclusività degli effetti.

Tutto sommato, in via generale, purtroppo o per fortuna, ben poco innoviamo.  Esponiamo ed attingiamo a simboli resuscitati.

Spesso, neppure scelti da noi. Come, con evidenza, il nome di battesimo.

 Massimiliano Barbin Bertorelli

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