GENOVA. 23 MAG. Numerose le donne che si dedicano allo studio e alla divulgazione del sapere gastronomico, tanti i volti (e le firme) ormai noti al pubblico attraverso i media tradizionali e la blogosfera.
Nel tempo, alcune esponenti di questo universo al femminile si sono rivelate anche eccezionali “ambasciatrici” di cucine straniere (a inizio anni ’60 fu Julia Child a rivelare agli USA le meraviglie dell’arte culinaria francese) e di inedite tecniche culinarie (il ringraziamento ad Elena Spagnol per aver sdoganato in Italia la pentola a pressione è testimoniato dalle ristampe a furor di popolo del volume omonimo).
Tra le pioniere del food writing merita una menzione speciale Janet Ross (1842 – 1927), scrittrice di viaggi e diarista che nel 1899 diede alle stampe Leaves from our Tuscan Kitchen, il primo manuale di cucina sulle verdure pubblicato in Gran Bretagna. How to cook vegetables recita infatti il sottotitolo di un volume ancora oggi bestseller della letteratura gastronomica d’Oltremanica grazie agli aggiornamenti di Michael Waterfield, erede dell’autrice, cuoco e ristoratore.
La piccola grande rivoluzione della Ross fu di aver fatto scoprire all’Inghilterra edoardiana l’universo “sconosciuto” delle verdure, all’epoca ritenute poco più di una decorazione della portata principale, un banale panorama di patate, piselli e cavoli lessi, stigmatizza l’autrice nella prefazione del volume. Ma per fortuna “l’innato amore dell’essere umano per il cambiamento è evidente anche in cucina”.
Le ricette accuratamente raccolte e proposte dalla Ross sono quelle di Giuseppe Volpi, suo cuoco per più di trent’anni nella villa toscana di Poggio Gherardo. Ben lungi dall’essere l’ennesima ricca lady britannica annoiata e in buen retiro fiorentino, Janet visse un’esistenza (auto-narrata in The Fourth Generation) movimentata e per nulla indolente.
Di ottima famiglia, cresciuta nell’élite intellettuale dell’epoca, intorno al 1870 a causa delle traversie economiche del marito, un banchiere, si trasferisce in Toscana. Qui rivela ottime doti imprenditoriali e di PR: conduce la tenuta di Poggio Gherardo, ne vende con profitto i prodotti, esplora l’Italia, collabora con alcune riviste, pubblica libri di successo e diventa un punto di riferimento della comunità angloamericana locale.
Il volume è dedicato proprio a una coppia di amici inglesi, nell’auspicio che “a thought of Italy” (un pensiero, un ricordo dell’Italia) raggiunga la loro bella casa nel Surrey. Ed Italia ce n’è molta in questo ricettario, dagli ingredienti, alle ricette, alle preziose indicazioni sulla preparazione delle verdure (compresa la necessità di lavarle prima dell’utilizzo…): un oceano di notizie che l’autrice trae anche da “Come si cucinano i legumi”, pubblicato pochi anni prima dalla Fratelli Ingegnoli di Milano, storica (inizio ‘800) azienda specializzata nella vendita di sementi (in attività ancora oggi) probabilmente fornitrice della volitiva businesswoman anglo-toscana.
L’indice del volume (si fa qui riferimento all’edizione del 1903) è rigorosamente alfabetico, circa 350 ricette da “Artichokes alla Barigoul” (carciofi farciti con carne di maiale e funghi, fritti in padella e messi al forno con burro e brodo) a “Truffles sul tovagliolo” (tartufi bolliti – sic! – in brodo di vitello e Madera) articolate nei seguenti capitoli: artichokes (carciofi), asparagus, (asparagi), bean (fagioli), beet leaves (bietole), beetroots (barbabietole), broccoli, Brussels (cavoletti di Bruxelles), cabbage (cavoli), capsicum (peperoni), cardoons (cardi), carrots (carote), cauliflower (cavolfiori), celery (sedano), cucumber (cetrioli), egg-plant (melanzane), flan, leeks (porri), lettuce (lattughe), lentils (lenticchie), maccaronis and other pasta, mushrooms (funghi), onions (cipolle), parsnips (pastinache), peas (piselli), polenta, potatoes (patate), pumpkins (zucche), rice (riso), risotto, salads (insalate), sauces (salse), soups (zuppe), tomatoes (pomodori), truffles (tartufi). Nome della verdura in inglese, ma rigorosamente in italiano le modalità di preparazione: al forno, fritte, al burro, alla crema, al gratin, pasticciate, piatti spesso “strong”, ricchi di grassi animali e adatti ai robusti palati della belle époque. Nonostante il tema “green”, il ricettario presenta sezioni su pasta (compresi “agnelotti” e gnocchi alla romana), riso e risotti, e ricche sezioni dedicate alle insalate (5 le varianti per l’insalata di pomodori), alle salse (segnaliamo la “caper sauce alla genovese” – cipolla trita, prezzemolo e acciughe passati in padella e cotti nel brodo con aceto ed erbe aromatiche) e alle zuppe.
Ancora oggi Leaves from our Tuscan Kitchen è un ricettario ricco di spunti intriganti e al tempo stesso una cronaca gourmet del tempo che fu. Una lettura godibilissima, etnogastronomica e sostenibile – l’edizione del 1903 la si trova digitalizzata su www.archive.org. (nella foto: il libro di Janet Ross: Leaves from our Tuscan Kitchen).
Umberto Curti, www.ligucibario.com
Leggi l’articolo originale: Janet Ross, Leaves from our Tuscan Kitchen