Una scena di ” Fuocoammare “, Docufilm di Gianfranco Rosi, vincitore 66°Berlinale
GENOVA. 14. MAR. Fuocoammare, del regista Gianfranco Rosi, Docufilm che focalizza la vita degli abitanti di Lampedusa e degli sbarchi dei migranti, ha recentemente vinto la 66° Berlinale (12 / 21 feb.2016), nella Germania che proprio in queste ore abbandona la Merkel, scegliendo ahimè la Destra anti-rifugiati di Alternative fur Deutschland, ( AfD ).
Una pellicola, capolavoro nel suo genere, che resterà come un pugno allo stomaco e che è difficile che non ci tiri giù dalle viscere lacrime di compartecipazione al destino sgualcito di milioni di esseri umani, costretti a seguire la via del mare che ” una strada non è, ma è solo da oltrepassare, dal momento che nella vita è rischioso non rischiare, perchè la vita è rischio “, secondo le parole di una canzone rap, improvvisata da un gruppo di richiedenti asilo nel CIE di Lampedusa, ritratti dal Maestro Rosi.
La poetica cinematografica di Gianfranco Rosi (1964, Asmara / Eritrea; cittadino italiano e statunitense) è tra le migliori del nostro paese. Per chi non l’avesse ancora visto, non si tratta del tipico Docufilm, eccessivamente asciutto, che ci si potrebbe aspettare data la tematica affrontata. Rosi, come già accennato in ” Sacro GRA “, non scinde mai il reale da una sfumatura visionaria. Gli occhi esperti di Cinema, noteranno l’ottimo lavoro di post produzione con l’applicazione di Visual Effects che conferisce un accenno onirico ad alcune scene, come quelle in cui il mare è d’un blu particolarmente profondo ed i volti intensi dei migranti sembrano straripare dalla pellicola. A partire chiaramente da una Fotografia sublime dello stesso Rosi. In alcune riprese esterne, come quelle che ritraggono la piana, gli alberi di ulivo, il Maestro si accosta per un istante allo stile de ” Il Vento ci porterà con sè “ di Abbas Kiarostami.
L’idea, sorta nella mente di Carla Cattani, non è per nulla retorica, ma si propone semplicemente di raccontare la vita dei residenti di Lampedusa. Ed in effetti tutti gli attori interpretano se stessi ed il proprio personale rapporto con l’isola e la rigogliosa vegetazione che la caratterizza, filtrando la drammatica situazione dei migranti che non sono avvertiti come una minaccia, ma come esseri umani segnati da una brutta vita. Perché ” la vita notte e giorno cielo e mare è brutta”, come dice il papà ” marinaio” a Samuele Pucillo, il ragazzino protagonista del Docufilm, che è un autentico genuino ragazzino che si diletta in giochi semplici, come la fionda e guarda il mondo attraverso un occhio pigro, pigro come la ” vista ” dell’Europa che ha ormai smarrito quei parametri di Diritto su cui si era fondata.
La nonna di Samuele, anziana signora dalle dita delle mani grosse e pesanti, gli racconta di quando con il nonno trascorreva le giornate al mare, ma mai di notte, perchè di notte era pericoloso a causa delle navi militari che sparavano nel mare i razzi. Ed il mare diventava rosso come un fuoco, “perchè era tempo di guerra”. Una scena questa che sta ad indicare che le epoche non sono cambiate, che sussiste ancora il Tempo di Guerra, in fondo.
Ma il film è soprattutto all’impegno di Pietro Bartolo che si ispira. Quest’ultimo è il medico che dirige il poliambulatorio di Lampedusa e che da anni esegue la prima visita ad ogni migrante che sbarchi nell’isola. In “Fuocoammare” chiaramente interpreta se stesso e stupisce l’umanità che lo contraddistingue. “E’ dovere di ogni uomo che sia un uomo, aiutare queste persone“, e’una delle frasi che pronuncia con forza durante il film e che, dico io, dovrebbe tuonare nell’opinione di ciascuno di noi.
Sui titoli di coda, qualcuno dal fondo della sala cinematografica di Genova in cui l’ho visionato, mormora seccato che non è un film per “svagarsi”, come se i destini deturpati di milioni di persone in fuga, fossero oggetto di di distrazione.
Ci uniamo al ringraziamento della Produzione Italiana nei confronti della Motovedetta CP 287 della Capitaneria di Porto di Venezia, usualmente impiegata a Lampedusa e della Guardia Costiera di Venezia. Bravo, Gianfranco Rosi. La tua testimonianza filmica resterà indelebile.
Romina De Simone
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